Basta ammirare le grandiose rovine dei suoi templi dorici immersi nella splendida valle, il suo cielo perennemente terso e, sullo sfondo, il mare azzurro, limpido e profumato di alghe tropicali per rivivere, come d'incanto, la memoria di quella che Pindaro definì la più bella città dei mortali.
I templi sono certamente la gloria di Agrigento, testimonianza imperitura dello splendore e della perfezione stilistica mai più raggiunta dall'arte greca; essi costituiscono, insieme ad Atene e a Roma, il più imponente complesso archeologico del mondo, un patrimonio unico al mondo, cantato e osannato da famosi scrittori e poeti, da Pindaro a Chateaubriand, da Faure e Goethe; quest'ultimo, per esempio, in "Viaggio in Italia", così scrive a commento della sua visita a Girgenti (il nome che la città aveva fino al secolo scorso): "Non godremo più per tutta la vita un così magnifico quadro di primavera come quello che si è offerto ai nostri sguardi". Parole dettate dallo splendide visioni della Valle dei Templi durante la fioritura dei mandorli, un rinascere prematuro alla vita dovuto all'incomparabile clima eternamente primaverile.
Questo sito archeologico è visitato ogni giorno da file e file di turisti provenienti da tutto il mondo. Essi si ergono ancora tra i mandorli che sono il simbolo della città a ricordo di quello splendido periodo di storia durante il quale l'antica Akragas dominò tutto il sud della Sicilia dividendo con Siracusa il primato di città più importante di tutto il Mediterraneo; la città fu fondata infatti da coloni greci di Gela nel 581, anche se tracce precedenti di presenza greca sono attestate fin dal VII secolo, e visse il periodo di massimo splendore tra il 480 e il 406 opponendosi ai Cartaginesi che la conquistarono nel 406, tenendola fino al 310 allorquando Timoleonte riconquistò ai Greci la città, divenuta poi romana nel 210. I templi greci, come è noto a tutti, erano luoghi destinati al culto. Le costruzioni, un tempo semplici, divennero via via sempre più ricche e sontuose, ma i secoli e gli avvicendamenti storici ci hanno lasciato solo resti o rovine. Vi sono diverse ipotesi relative alla loro distruzione: che furono distrutti dai Cartaginesi nel 406 a.C. quando essi si impadronirono della città; oppure in seguito ad un terremoto in un'epoca non precisata; oppure (ed è l'ipotesi più attendibile) che furono distrutti dai Bizantini nel 535, quando Belisario, nel tentativo di scacciare i Goti che avevano strappato ai romani il dominio della Sicilia meridionale, introdusse l'editto di Olimpia, permettendo che le popolazioni cristiane, invasate dal furore religioso, annientassero i templi pagani.
E' possibile parcheggiare comodamente i propri mezzi al parcheggio antistante e iniziare una visita che non può certamente essere affrettata. Andando verso sudest si entra, attraverso un cancello, nella zona delle rovine del Tempio di Giove Olimpico: si noterà una grande ara dei sacrifici sulla destra e tutto intorno le colossali pietre che componevano il tempio; quindi, attraverso percorsi quasi obbligati (viottoli tra le rovine) ci si imbatte in una copia del gigante in pietra disteso (l'originale si trova in piedi al Museo Archeologico) e poi nel Tempio di Castore e Polluce o dei Dioscuri, al centro del santuario delle divinità Ctonie. Ritornando al posteggio e attraversata la strada, si inizia la visita dell'altra parte della zona archeolgica; il primo Tempio è quello di Ercole (il più antico dei grandi templi); dopo di questo, continuando lungo la salita, si incontra una vastissima necropoli paleocristiana, fino ad arrivare a quel perfetto esempio di stile dorico che è il Tempio nella Concordia, splendido teatro delle manifestazioni finali della Sagra del mandorlo in Fiore (prime settimane di febbraio). Quest'ultimo, assieme al Teseion di Atene, è il tempio greco meglio conservato al mondo ed è il simbolo stesso di Agrigento. Lungo la strada che da questo porta al Tempio di Giunone si notano un gran numero di sepolcri a forma di arco, scavati nelle mura dell'antica città, o a forma di loculi trapezoidali tagliati nella roccia. Il tempio di Giunone è l'ultimo lungo questo percorso e domina il ciglione roccioso che costituiva l'inespugnabile baluardo dell'antica città. Tra i templi meno noti vi sono poi il Tempio di Vulcano, quello di Esculapio, la Tomba di Terone e il quartiere ellenistico romano (nei pressi del Museo Archeologico).
Ma anche il centro storico della città merita una visita approfondita: si potrebbe iniziare l'esplorazione dalla Cattedrale, edificata dal Vescovo S.Gerlando nel 1096, probabilmente sulle rovine del tempio dedicato a Zeus Atabirio. La Cattedrale è stata rimaneggiata più volte negli ultimi nove secoli e risente, quindi, di numerosi stili: da quello normanno a quello barocco, passando per il gotico-chiaramontano e per quello rinascimentale; si notino al suo interno, in particolare, l'abside e il tetto ligneo di maestosa bellezza. Nella piazza antistante la Cattedrale si trova il barocco Palazzo del Seminario (1711) e al suo interno lo Steri chiaramontano del XIV secolo. Quasi adiacente è la chiesa di S. Giorgio, dello stesso periodo. Seguendo via De Castro si arriva poi alla chiesa di S. Maria dei Greci, che è situata nella piazza omonima, una delle più antiche del periodo medioevale, che venne costruita alla fine del XIII secolo e adibita al culto greco. Al di sotto di essa si trovano i resti di un tempio greco, probabilmente dedicato ad Atena (anche in questo caso va notata la continuità topografica tra culto pagano e successivo culto cristiano). Da qui hanno inizio alcuni degli ipogei che, ormai chiusi al pubblico, costituiscono l'altra città, quella sotterranea, che un tempo collegava le varie parti, i principali siti, le più difendibili roccaforti.
Per concludere la visita dei più importanti monumenti agrigentini è da visitare infine la Casa Natale di Luigi Pirandello. Si tratta di una casa rustica, situata nella suggestiva zona del Caos e prospiciente il mare, distante solo pochi chilometri (uno splendido ed enorme parcheggio rende facilmente gestibile la visita). Pur non rivestendo nessuna importanza dal punto di vista artistico, essa è stata dichiarata monumento nazionale ed è sede della Presidenza Nazionale del Centro Studi Pirandelliani. Nelle vicinanze della casa, "in una rozza pietra" all'ombra di quel pino solitario che in vita gli fu tanto caro riposano le ceneri del grande scrittore agrigentino.
E' sufficiente tutto questo per "obbligare" il turista più frettoloso a dedicare due giorni alla visita della città? Se ciò non bastasse, in estate si avrà inoltre la possibilità di godere, oltre che dell'arte, anche delle bellissime spiagge limitrofe alla città (San Leone) con un mare stupendo e pulito. Angelo Cinque
Come arrivare: da Palermo, con la statale veloce PA-AG, che parte da Villabate; da Catania, con l'autostrada PA-CT fino a Caltanissetta e da qui attraverso la statale veloce AGCL; da Trapani, attraverso la statale 115.
Dove dormire: E' possibile pernottare nel parcheggio antistante la Valle dei Templi, o in quello del vicino Museo Archeologico, nonché al parcheggio della Casa di Pirandello. Inoltre nella zona marina San Leone-Dune vi sono ampie possibilità di sosta libera; qui si trova anche il Camping Internazionale San Leone, collegato ad Agrigento con bus di linea (2 nero sbarrato). Si ricorda comunque che parcheggiare ad Agrigento è abbastanza semplice e pernottarvi nei propri mezzi ben tollerato, ovviamente nel rispetto della segnaletica stradale e del vivere civile.
Per i golosi: Si consiglia una "visita" alla pasticceria "Infurna", in via Atenea 94; qui si potranno gustare, oltre alla frutta di martorana fresca, ravioli dolci e conchiglie al pistacchio, cannoli e sfoglie con la crema di ricotta, biscotti al miele e taralle; altra pasticceria degna di segnalazione è la "Concordia", in Piazza Pirandello, famosa per la torta rustica con ricotta e mandorle. Sulla strada panoramica dei templi si consiglia il ristorante "Le Caprice", mentre per una grigliata di pesce freschissimo la trattoria più rinomata è "Il pescatore", sul lungomare di S.Leone.